Il discorso del Sindaco Bruni in occasione della festa dell’unità d’Italia e della giornata delle Forze Armate

Proprio qualche giorno fa, lo scorso 24 ottobre, è stato ricordato il centenario dell’inizio della battaglia di Caporetto,la più disastrosa sconfitta che l’esercito italiano abbia mai subito. La storia però ci ha raccontato che, dopo quel momento drammatico in cui persero la vita decina di migliaia di persone, l’Italia seppe reagire. Oggi, a 99 anni anni dalla fine del primo conflitto mondiale, ho il dubbio che purtroppo lentamente stiamo lasciando andare via gli insegnamenti che quei ragazzi ci hanno lasciato.
La guerra è mortale. La guerra, oltre alla vita dei morti, toglie la speranza ai vivi. Fortunatamente pochi di noi oggi sanno cosa significa vivere in guerra e questo grazie all’impegno delle forze armate impegnate ogni giorno sul territorio nazionale e spesso anche in contesti internazionali. A loro, a nome di tutti i manzianesi, va il mio più sentito ringraziamento.
In questi ultimi anni, però, il terrorismo e i morti che provoca sono diventati drammaticamente quasi un’abitudine per tutti noi. Ma non è così che dovrebbe essere: in questa giornata solenne voglio puntare l’attenzione sui numeri che riempiono i libri di storia. Quelle cifre in realtà sono persone, con i loro progetti di vita e i loro affetti. Nel primo conflitto bellico, ad esempio, morirono quasi un milione e mezzo di Italiani (a livello mondiale le vittime furono circa 16 milioni), tra questi c’erano anche dei manzianesi: i loro nomi, a indelebile memoria, li trovate scritti nel monumento ai caduti. In totale sono 33.
Un numero elevato se si pensa che nel censimento del 1911 Manziana contava circa 1800 abitanti. Di questi 33 morti manzianesi abbiamo provato a rintracciare delle informazioni e così abbiamo scoperto che il più giovane di loro era Faraoni Romolo che morì a soli 18 anni. Il più anziano (e oggi sembra quasi paradossale affermarlo) era invece Mariani Filippo di 41 anni. In molti morirono in combattimento, altri invece per malattia. Tombari Amedeo, per esempio, morì tragicamente in un ospedale da campo a causa del congelamento degli arti inferiori, Valentini Antonio morì in Albania. Nomi che raccontano un periodo drammatico della nostra storia nazionale e di cui non sempre siamo riusciti a trovare i dettagli utili a ricostruire i loro ultimi giorni di vita.
Di due concittadini, però, abbiamo avuto modo di conoscere di più del loro sacrificio: parlo di Tito Salvatori e Incaini Giuseppe, entrambi insigniti della medaglia d’argento al valore militare. Queste le motivazioni ufficiali che proprio in questa ricorrenza voglio leggere con voi:
A Tito Salvatori, sottotenenete di complemento del 9^ reggimento fanteria: “Comandante del primo plotone di una compagnia destinata ad attaccare una forte posizione nemica, in testa al proprio reparto, irrompeva sulla trincea avversaria sorprendendo il nemico, che in parte venne ucciso, in parte fatto prigioniero. Respingeva poi un forte contrattacco spiegando mirabile coraggio e calma ed eroicamente combatteva fino a che, colpito al petto per ben due volte, cadde esanime” San Martino del Carso, 13 marzo 1916
A Incaini Giuseppe, aiutante di battaglia del 12^ reggimento bersaglieri “Caduto il capo mitragliere della sua sezione di tiro, ne prendeva il posto, disimpegnando il compito assunto con intelligenza, bravura e fermezza, nonostante l’intenso fuoco avversario e allorchè il suo reparto fu ritratto, volontariamente tornava da solo sul luogo dell’azione ancora violentemente battuto per recuperare una mitragliatrice di cui erano caduti i serventi –Carso, 12 ottobre 1916
E ancora: in una rischiosa azione di pattuglia, intesa a sorprendere e catturare piccoli posti nemici, da lui mirabilmente organizzata e intrepidamente condotta, dopo di avere fatto due prigionieri e mentre con sbalzo leonino si avventava da solo contro un terzo avversario, veniva da questi mortalmente colpito e lasciava da prode la vita sul campo. Già distintosi in molte precedenti azioni – Val Frenzela, 9 maggio 1918

Queste le storie di due nostri concittadini morti lontano da casa e dalle loro famiglie, in un contesto in cui la morte si respirava ovunque e la terra letteralmente grondava sangue. A loro va il nostro grazie e la nostra parola che il loro sacrificio mai sarà cancellato. A noi tutti spetta invece il compito di non replicare gli orrori di quei giorni ma non solo: tutti quanti insieme, a prescindere dal nostro credo politico, dobbiamo prenderci l’impegno di agire nell’interesse unico e primario del nostro paese. Noi rappresentanti delle Istituzioni dobbiamo amministrare per il bene comune della nostra nazione e mai per interessi diversi di alcun tipo; noi tutti come Cittadini dobbiamo vivere la quotidianità come una comunità solidale. Lavorare insieme, collaborare sono queste le parole per continuare a rendere onore al sacrificio di quei 33 manzianesi e degli altri milioni di morti che la guerra ha provocato.
Che la storia ci sia davvero da insegnamento e monito.

Viva le Forze di pace e viva l’Italia unita!

Il Sindaco 
Bruno Bruni

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Di seguito l’elenco completo dei caduti della prima guerra mondiale:

Alunno Emidio
Attili Luigi
Bernetti Oreste
Bonini Giovanni
Bonini Pio
Canepina Andrea
Dezzi Ermete
Fara Giovanni
Faraoni Romolo
Ferrazzoli Giovanni
Fiorucci Ermete
Giorgi Medoro
Grasselli Tommaso
Incaini Giuseppe
Magagnini Pietro
Marcozzi Vincenzo
Mariani Filippo
Mariotti Tommaso
Mencarini Giovanni
Mignè Pietro
Paolocci Sante
Paoloni Mariano
Paolucci Paolo
Pazienza Francesco
Roviti Ugo
Ruggeri Antonio
Salvatori Tito
Straffi Andrea
Tombari Amedeo
Valentini Antonio
Valeri Mariano
Vecchiarelli Dionisio
Verbigrazia Domenico

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